La prima infanzia
In questo periodo è particolarmente importante la figura della madre - o del caregiver più significativo - che assolve la funzione di contenimento e di riconoscimento, facilitando così un adeguato sviluppo affettivo.
I genitori nei primi tre anni di vita hanno un delicato compito, ovvero permettono che il proprio bambino si sviluppi, viva le emozioni e senta le esperienze della vita attraverso i loro occhi.
Il bambino sentirà, avvertirà e percepirà il mondo attraverso il sentire di propria madre e di proprio padre.
Proprio grazie ai continui processi di “sentire” il sentire del proprio bambino, i figli interiorizzeranno modi di stare nella vita e diventeranno grandi.
Nei primi 15 mesi di vita si consolida il legame di attaccamento alle figure di riferimento significativo. Andrà a costituirsi una base sicura caratterizzata da quella fiducia necessaria al bambino per costituirsi e crearsi aspettative positive circa i rapporti verso di sé e verso gli altri.
Secondo Bowlby - studioso emerito dei rapporti tra genitori e figli -, il legame di attaccamento tra il bambino e la figura di accudimento ha una base biologica; è dunque un bisogno innato e non acquisito, che si manifesta con il comportamento di ricerca di vicinanza.
In una prima fase della vita la vicinanza ricercata è fisica ed ha una funzione adattiva legata alla sopravvivenza: essere nutriti, accuditi, si ha anche la necessità di interagire con l’ambiente esterno ed esplorare il mondo.
La ricerca di vicinanza si modifica nella sua forma lungo il corso dello sviluppo ma rimane sempre un comportamento adattivo e dunque l’attaccamento è considerato una normale e salutare caratteristica degli essere umani che non si esaurisce mai lungo il ciclo di vita.
È importante sottolineare che la creazione del sé e dell’identità sono relazionali, ovvero avvengono grazie all’incontro con altri.
È appurato che a partire dalla nascita il bambino presenta un insieme di competenze – il pianto, il succhiare, l’aggrapparsi, l’orientamento verso il volto umano – che lo predispongono ad entrare in relazione con l’adulto, senza di cui non potrebbe sopravvivere.
Il legame con la madre inizialmente è viscerale; madre e bambino rappresentano una diade che si relaziona, che si conosce pian piano e che costituisce dei personali e intimi ritmi di regolazione e reciprocità.
In seguito, con la maturazione di diverse abilità che favoriscono l’esplorazione dell’ambiente e con la comparsa del linguaggio - tra i 18 e 24 mesi, inizia il delicato processo di separazione-individuazione che condurrà alla costruzione di un carattere stabile già dopo il terzo anno di vita.
E’ molto importante in questa fase che il bambino non percepisca le sue spinte all’autonomia come una minaccia al legame con la principale figura di riferimento.
La fluidità dei movimenti di allontanamento-riavvicinamento, la percezione della madre come una fonte sicura di “rifornimento affettivo”, accessibile quando ne ha bisogno e non restrittiva, permetterà al bambino di costruirsi una personalità indipendente, capace di rapportarsi agli altri senza scivolare nell’eccessiva dipendenza nel futuro.
Anzi si potrebbe affermare che quanto più il bambino potrà dipendere bene e in maniera armoniosa dalla madre con libertà e fiducia, tanto più potranno gettarsi le basi per una sana autonomia in crescita.
Nel dettaglio le sottofasi della prima infanzia
Nei primi tre mesi di vita
In questo periodo primariamente vi è la presenza di attività di base del bambino legate ai processi biologici del nutrimento, sonno, evacuazione, mantenimento posturale, compresi gli stimoli necessari per calmarlo e attivarlo. Il neonato è soprattutto recettivo verso gli stimoli esterni: inizialmente sono i genitori che conferiscono significati sociali al suo comportamento – soprattutto a pianto e sorriso – e questo gradualmente gli consente di iniziare a costruire il suo bagaglio di competenze.
Per mezzo dei ripetuti gesti quotidiani il piccolo apprenderà cosa aspettarsi dalle situazioni e costituirà un suo personale assetto di credenza circa il mondo.
Con questo non si vuole affermare che il bambino è in grado di operare delle scelte intenzionali ma semplicemente che si è creato delle capacità che sa utilizzare di fronte alle situazioni quotidiane. Ad esempio nel secondo mese di vita inizia a reagire in modo preferenziale a chi riesce a tranquillizzarlo, compare il sorriso sociale, inizia a comprendere le prime abitudini, ad attendere, a incuriosirsi verso il suo corpo.
Tra i 4 e i 6 mesi
Il bambino inizia a capire di essere distinto e separato dall’ambiente e proprio in questo periodo compaiono le prime emozioni – riso attivo, piacere, rabbia, gioia, sorriso selettivo, protesta alla separazione con il genitore.
Iniziano i primi scambi sociali con i genitori e viene scoperto l’effetto delle azioni – ad esempio: sbattere un sonaglio conduce ad un suono – e comincia ad anticipare quello che potrebbe succedere.
Si sottolinea che tutte queste competenze sono in fase di acquisizione, quindi potrebbero essere discontinue e soprattutto necessitano di molta concretezza e semplicità. Compaiono delle vere e proprie sequenze motorie e vocali di scambi affettivamente spontanei.
Ad esempio con il cucchiaio o nel vestirsi si assiste a delle vere e proprie attività mutualmente coordinate.
Tra i 7 e i 13 mesi
Il bambino mostra sempre più iniziativa negli scambi sociali. Propone attività preferite, esplora in modo attivo l’ambiente e crea relazioni sempre più specifiche.
L’infante inizia le attività per iniziare uno scambio sociale con la madre e per influenzare l’ambiente e ciò rappresenta un precursore per gli scambi interpersonali.
Emerge una certa angoscia di fronte alle separazioni prolungate, oltre che le prime emozioni come la paura o la collera.
A livello cognitivo inizia a scoprire nuovi mezzi, cerca gli oggetti nascosti, imita nuove risposte e comincia gradualmente ad anticipare le conseguenze.
Nel primo anno di vita il bambino è in grado di distinguere il tono affettivo delle persone e le espressioni facciali che manifestano.
Grazie alle attività che svolge verifica la disponibilità della madre nei riguardi delle sue iniziative. Pertanto accade sovente che il bambino tenda a focalizzare sulla madre le richieste di soddisfacimento dei bisogni.
Dai 13 ai 20 mesi
Compie in generale attività attraverso le quali amplia la definizione del suo comportamento, spesso a dispetto dell’opposizione della madre.
Aumentano l’iniziativa e l’autoaffermazione, il bambino inizia a capire i “no” e quindi a reagire. Compaiono inoltre emozioni più complesse come il fatto di gioire per i propri successi, la vergogna, l’opposizione e la rabbia. Il bambino inizia a sperimentare in modo attivo attraverso prove ed errori per risolvere problemi e inventare nuovi giochi.
Nel corso di questi mesi sviluppa le capacità di rendersi conto delle proprie azioni e dei personali stati emotivi.
Dai 21 ai 36 mesi
Il gioco costituisce in questa fase una palestra per esercitarsi ad interagire con gli altri mediante l’uso di regole stabilite socialmente.
L’infante apprende come esprimere e regolare le proprie emozioni attraverso le interazioni sociali - attraverso il rapporto con i genitori, gli altri adulti, i fratelli, i coetanei.
In questo periodo emerge il gioco simbolico. Questa fase di sviluppo è importantissima perché vi è uno sviluppo cognitivo importante: prima il bambino poteva solo agire sulla realtà, ora è in grado di pensarla, descriverla, spiegarla e prevederla con più dettaglio e per mezzo della sue competenze.
In buona sostanza, vi è la presenza di attività, compreso il linguaggio, la percezione del proprio stato, le intenzioni e i contenuti del pensiero.
Nel terzo anno di vita, dove ha il suo massimo picco di sviluppo il linguaggio, compaiono l’orgoglio, il senso di colpa e l’amore.
In questa fase è fondamentale la ricerca dell’autonomia. Il bambino gradualmente può iniziare a comprendere le esigenze dei genitori pur essendo ancora molto concentrato su se stesso. Inizia inoltre a parlare di sé con più facilità. Costruisce storie personali. Il linguaggio consente di rielaborare le proprie esperienze e di condividerle con altri.